Crisi dei partiti socialisti in Europa: riverberi in Italia
La crisi del socialismo in Europa. La crisi del socialismo in Europa è anche quella dell’establishment politico di cui sino a ieri era stato un elemento equilibratore: conseguenze sul piano politico italiano. Si può anche far finta di nulla, ma la Germania, dopo ormai davvero molto tempo dalle Elezioni politiche in cui la Merkel ha […]
La crisi del socialismo in Europa.
La crisi del socialismo in Europa è anche quella dell’establishment politico di cui sino a ieri era stato un elemento equilibratore: conseguenze sul piano politico italiano.
Si può anche far finta di nulla, ma la Germania, dopo ormai davvero molto tempo dalle Elezioni politiche in cui la Merkel ha perso un terzo dei consensi ed i Socialisti hanno toccato il loro minimo storico, un Governo non ce l’ha ancora. Niente più Grande Coalizione e, al massimo, all’orizzonte c’è un Esecutivo esotico che certo faticherà ben più del precedente a tirare avanti in questo “fine corsa” del post entusiasmo europeista.
E non c’è da andare a cercare in Austria o in Ungheria per trovare realtà politiche in cui il consenso si sia rivoltato tanto arrembantemente contro Maastricht e Lisbona e, ancor più, contro Schengen e Dublino.
Nelle stessa Francia, che ha visto con Macron assurgere al potere una lobby mista di centrismo e “banchierismo”, è la sorte del Partito socialista che ha reso quel momento elettorale, preceduto da quello britannico (ivi compreso il Referendum sulla Brexit), olandese e chi più ne ha più ne metta, epocale.
Il vuoto lasciato da una Sinistra più che in affanno (i cui echi sono giunti anche dall’altra parte dell’Oceano, se la superfavorita Clinton é stata annichilita da un soggetto non così facilmente vendibile a lungo periodo da un punto di vista politico come Trump) sarà il tema su cui ci si confronterà nei prossimi decenni, in un’Europa dove ormai tutti gli Esecutivi sono di Centrodestra (davvero da Cadice a Danzica): chi riempirà quel buco?
Allo stato, parrebbero i cosiddetti Sovranisti e, probabilmente così sarà anche nel prosieguo. Un ritorno ai valori nazionali spesso derubricati a “usi e costumi” da parte dell’immanenza europea appare verosimilmente il “leitmotiv” dei prossimi anni.
Chi saprà governare questo riflusso potrà presumibilmente negoziare politiche interne equilibrate che tengano conto “di chi si sia e da dove si venga”. L’esempio di Renzi con la forzatura sul Referendum costituzionale è stata emblematica e c’era da immaginare abbia davvero rappresentato, in termini italiani, uno spartiacque.
Non è stato un incidente di percorso, è stato un errore serio: sia nel merito che, ancor più gravemente, nel merito presumere da parte di un soggetto mai formalmente eletto in modo democratico e che mai aveva vinto un’Elezione (se non quelle Europee che, al momento, poco c’azzeccano con la Politica nazionale) di toccare una delle poche certezze nazionali rimaste assieme ai Carabinieri, cioè la Carta Costituzionale.
La bocciatura di questo tentativo di forzatura è stata una reazione certamente sovranista e l’inizio di una concatenazione di conseguenze che si determinerà in modo sempre più dinamico nel prossimo futuro.
La tripartizione del consenso attualmente presente nel corpus elettorale in presenza di una Legge come il Rosatellum bis, del tutto inadatta a determinare delle maggioranze, farà sì che, anche a seguito della tendenza nazionale di lungo periodo alla riduzione dell’Area socio-catto-comunista ad un terzo polo minoritario rispetto agli altri due, si tornerà di filato alla Prima Repubblica quando, il giorno dopo le Elezioni, iniziavano le lunghissime consultazioni onde addivenire a maggioranze parlamentari spesso improbabili.
Nella fattispecie, “di risulta” potrebbero, peraltro estemporaneamente, esserci delle chance di Potere “quantunque” anche per il Partito democratico.
Gli scenari più probabili.
L’incarico per la formazione del nuovo Governo venga affidato al Candidato Premier del M5S, movimento sempre in buona salute elettorale come dimostrato dalle recenti elezioni siciliane e dalle Amministrative dello scorso anno, che giocoforza dovrà (con difficoltà) cercare sponda nella Lega.
Ma se si verificasse la condizione per cui fosse Forza Italia coi suoi sodali più vicini, esclusa la Lega, a dover cercare una maggioranza, è scritto già sin d’ora che lo farà col Partito Democratico (il quale, nell’ipotesi più remota dovesse trovarsi esso col pallino in mano della formazione del Governo, si ritroverebbe peraltro con ogni probabilità a fare altrettanto con Forza Italia), “smerciando” l’idea di una Grande Coalizione, che difficilmente potrà fare qualcosa di innovativo per la Nazione a causa dei veti incrociati che si genereranno.
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