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Black Lives Matter: infuriano le proteste contro la brutalità della polizia negli USA

Quasi sette anni sono trascorsi dalla nascita del movimento Black Lives Matter, ma gli USA di Donald Trump sono ancora un paese profondamente razzista.


Quasi sette anni sono trascorsi dalla nascita del movimento Black Lives Matter, ma gli USA di Donald Trump sono ancora un paese profondamente razzista.

La violenza sulle comunità afroamericane è  all’ordine del giorno e le disuguaglianze economiche e la segregazione socio-spaziale sono ancora oggi una realtà con cui l’America si confronta. Nel Luglio 2013 a Sanford in Florida George Zimmermanun poliziotto, viene prosciolto dall’accusa di omicidio del giovanissimo afroamericano Trayvon Martin, appena diciasettenne, ucciso nel febbraio 2012 con colpi d’arma da fuoco.

Stand Your Ground.

Questo è il nome della controversa legge del 2005 della Florida, che consente di usare armi da fuoco a chi ritiene di trovarsi in una situazione di pericolo. L’azione di Zimmerman viene riconosciuta come legittima difesa e l’opinione pubblica USA si spacca sul verdetto di assoluzione.

Ed è così che tre donne afroamericane, Alicia Garza, Patrisse Cullors, Opal Tometi, lanciano su Twitter l’hashtag #BlackLivesMatter.

E’ la risposta al proscioglimento di Zimmerman. La scintilla che ha fatto scoppiare l’incendio è la morte di Trayvon Martin. Black Lives Matter inizialmente si sviluppa solo online e il suo scopo è quello di sottolineare  la disparità di trattamento che i membri della comunità nera subiscono ogni giorno. Ma Black Lives Matter esce dai confini online e giunge nelle strade USA nell’estate 2014.

La polizia uccide Eric Garner a New York e Michael Brown Jr. a Ferguson. Esplode la protesta nelle comunità afroamericane, con Ferguson stessa che diventa epicentro degli scontri più violenti tra manifestanti e polizia Anno dopo anno i diversi casi di giovani neri uccisi dalla polizia hanno avuto ampia risonanza mediatica a livello nazionale e hanno generato diverse proteste, sempre per mezzo del Black Lives Matter.

Il movimento nasce e cresce come un “grassroot movement”. 

Non esistono veri e propri leader al suo interno per rappresentarlo o emanare direttive. E’ caratterizzato da una struttura decentralizzata, fortemente radicata sul territorio e in cui le rivendicazioni partono dal basso. Gli Stati Uniti grazie anche alle politiche del presidente Donald Trump, piuttosto dure nei confronti delle minoranze, continuano a essere un paese in cui nascere neri vuol dire partire con un handicap in tutto. 

Dalla analisi di alcune mappe elaborate dal New York Times emerge come sono distribuite la popolazione e la ricchezza a New York.

Gli afroamericani e gli ispanici si concentrano prevalentemente nelle aree tradizionalmente a reddito medio-basso, come Harlem, Brooklyn, Bronx, ecc., mentre le zone più ricche, come Manhattan e Brooklyn Heights, sono composte per la grande maggioranza da popolazione bianca. 

Questo è anche una diretta conseguenza del c.d. redlining. Si tratta della politica che negli anni ’30 ridisegnò i confini tra i quartieri segregando la popolazione nera in aree caratterizzate da basso reddito, scarsità di servizi e assenza di investimenti economici produttivi.

Il movimento Black Lives Matter è diviso in 14 gruppi locali e si coordina con centinaia di gruppi single issue o territoriali. La chiave del suo successo è il fatto che gli aderenti al movimento non protestano contro una legge, o per denunciare un crimine, ma è animato da ha un fine più ambizioso: una riorganizzazione strutturale della società.

Lo scopo che si prefigge il movimento è quello di ottenere un drastico taglio dei fondi per la polizia negli USA. Il motivo?

Negli Stati Uniti negli ultimi anni il potere ed il budget della polizia sono notevolmente aumentati.

George Floyd.

Con un silenzio durato 8 minuti e 46 secondi, esattamente il lasso di tempo in cui Floyd è stato tenuto bloccato a terra da Derek Chauvin, si è aperta  la commemorazione funebre in suo ricordo. 

“Ho bisogno che sia fatta giustizia. Non voglio vederlo su una maglietta come gli altri”. Queste le parole di Philoise Floyd, fratello di George, rivolte a Joe Biden

L’uomo ha chiesto che i responsabili della morte di suo fratello vengano processati. Negli USA circa 1000 persone perdono la vita ogni anno durante l’arresto o i pattugliamenti per strada. In termini percentuali però, a venire uccisi sono molti più cittadini afroamericani che bianchi. 

Il Washington Post, dal 2015, raccoglie i dati sulle violenze commesse dalla polizia. Anche se circa la metà dei soggetti uccisi è bianco, gli afroamericani rappresentano il 13% della popolazione USA e ciò significa che hanno più del doppio della probabilità di essere uccisi rispetto a un bianco. La cosa sconcertante è che solo una piccolissima minoranza dei poliziotti coinvolti in arresti e sparatorie sospette viene incriminata.

La percentuale dei processi.

Infatti, tra il 2013 e il 2019 solo l’1% delle uccisioni è sfociata in un processo e la percentuale di condanne è ancora più bassa, addirittura prossima allo zero. Dalla nascita del movimento Black Lives Matter sono state approvate diverse riforme nel sistema di polizia. Oggi molti poliziotti indossano telecamere per documentare il loro comportamento in servizio.

Fa molto riflettere il fatto che Derek Chauvin, l’agente che ha ucciso Georg Floyd, ha collezionato non meno di 17 reclami per cattiva condotta nel corso dei suoi 19 anni di carriera. E’ stato coinvolto in tre sparatorie e citato in giudizio per un uso eccessivo della violenza. La cosa incredibile è che le uniche iniziative contro Chauvin si riducono semplicemente a due lettere di rimprovero.

Rayshard Brooks.

L’ultimo afroamericano ad essere ucciso in questi giorni. Sono ancora in corso le indagini per chiarire l’accaduto. I due poliziotti intervenuti contro Brooks sono stati momentaneamente sospesi in attesa dell’esito dell’indagine e il capo della polizia di Atlanta, Erika Shields, si è dimessa. La donna, a capo della polizia di Atlanta dal 2016, era ritenuta uno dei volti “positivi” delle forze dell’ordine. Era anche scesa in piazza a dialogare con manifestanti per Floyd. Anche il sindaco di Atlanta, Keisha Lance Bottoms, prende le distanze dalla polizia: “Non ritengo che sia stato un uso giustificato di forza”.

L’agente che ha sparato ed ucciso ad Atlanta l’afroamericano Rayshard Brooks è stato però licenziato. L’annuncio lo ha dato il portavoce della polizia della città, Carlos Campos alla CNN. L’altro agente coinvolto nel caso è stato invece è stato assegnato a lavori d’ufficio. La polizia ha anche reso noti foto e nomi dei due poliziotti, Devin Brosnan, colui che ha sparato, e Garrett Rolfe.

Il sistema che copre i crimini della polizia.

Quello che Black Lives Matter ha messo in evidenza è che negli USA esiste un intero sistema che copre sistematicamente i crimini commessi dagli agenti. A titolo di esempio a Minneapolis, dal 2012, sono state registrate  2.600 lamentele per cattiva condotta contro gli agenti di polizia. Di queste solo 12 sono state perseguite e, cosa assolutamente ridicola,  la pena più severa inflitta è consistita in una sospensione di sole 40 ore. 

L’ostacolo più grosso per arrivare ad una effettiva riforma dei corpi di polizia, sono i sindacati degli agenti stessi. Si tratta di vere e proprie corporazioni, molto potenti. Il parere dei sindacati è che se le condotte degli agenti nel corso degli arresti fossero meno violente, i poliziotti sarebbero esposti a troppi pericoli visto che negli USA, il tasso di violenza e di  diffusione di armi tra la popolazione sono molto elevati.

THE THIN BLUE LINE” e la marcia indietro di Trump.

I poliziotti si identificano come the thin blue line, ovvero la “sottile linea blu” che dovrebbe difendere i cittadini USA dai criminali. Ma questa linea è andata progressivamente assottigliandosi nel corso degli anni. In particolar modo i tagli al personale, i turni di lavoro più lunghi e gli stipendi bassi hanno alimentato nei poliziotti l’idea di trovarsi sotto assedio. Certamente ci troviamo di fronte ad un problema oggettivo.

Dopo giorni di polemiche Mr. President ha fatto marcia indietro sul suo primo comizio post-coronavirus. Si terrà, infatti il 20 giugno e non più il 19, come precedentemente annunciato. Il comizio è stato posticipato in seguito alla pioggia di critiche che ha sommerso Trump per aver inizialmente scelto la data conosciuta come “juneteenth“, ovvero il giorno in cui si celebra la fine della schiavitù negli Stati Uniti.

Cambia anche la posizione della NFL, la Lega di football americano, sui giocatori che durante l’esecuzione dell’inno nazionale si inginocchiano, invece di stare in piedi come protesta per l’uccisione di troppi neri da parte delle forze dell’ordine.

Questa pratica è stata condannata per anni. Si tratta di una nuova sconfitta per Trump che si è sempre schierato per il no all’inginocchiarsi e per il licenziamento dei giocatori che lo fanno. Mr. President ha reagito annunciando che non seguirà in tv il football americano dopo la decisione della Lega.

Leggi anche: Chockchold vietato negli USA con la riforma della polizia

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