Taxi contro Uber: chi vincerà?
Taxi VS Uber. Da diversi mesi ormai imperversa la lotta che vede la categoria dei taxi schierata contro la multinazionale americana Uber, presente nel vecchio continente con la sua soluzione di trasporto per privati a metà strada fra un tradizionale servizio taxi e un servizio noleggio con conducente, altrimenti noto come NCC. La protesta dei […]
Taxi VS Uber.
Da diversi mesi ormai imperversa la lotta che vede la categoria dei taxi schierata contro la multinazionale americana Uber, presente nel vecchio continente con la sua soluzione di trasporto per privati a metà strada fra un tradizionale servizio taxi e un servizio noleggio con conducente, altrimenti noto come NCC.
La protesta dei tassisti si basa sul giudizio di scorrettezza del servizio offerto dal colosso americano e punta il dito contro questa soluzione ibrida che riesce a prendere i benefici di entrambe le categorie prima citate (taxi e NCC) evitandone furbescamente gli “svantaggi”.
In materia regolamentare, il settore è disciplinato da norme ormai obsolete e anche poco chiare. Il governo non riesce ancora a proporre delle soluzioni che ristabiliscano l’ordine, continuano anzi a temporeggiare rimandando ogni volta le scadenze.
Di tutta risposta, i tassisti scioperano e protestano selvaggiamente così come è successo tempo fa a Parigi, epicentro di una manifestazione di portata europea che ha visto radunarsi migliaia di professionisti del settore.
Uber continua a lavorare e a riscuotere un discreto successo.
Uno “Uber – conducente” non deve sopportare tutti i costi (licenza e tasse) che i tradizionali tassisti sono tenuti ad affrontare, non deve sottostare alle “regole di ingaggio” del settore potendo entrare in contatto direttamente con il cliente e non deve applicare tariffe pre-stabilite.
Uber si propone e il cliente valuta se la proposta è allettante o meno. Uber non è altro che la personificazione dell’America liberale, che basa il suo mercato sulla concorrenza, quella “concorrenza vera” e sulla legge darwiniana della sopravvivenza.
Se non sei all’altezza di sostenere i ritmi competitivi del mercato significa che non meriti di rimanerci.
In Italia la musica è sempre stata molto diversa e la storia economica ce lo insegna bene. L’Italia è il paese del capitalismo politico, dei salvataggi statali come regola, delle campane di vetro come protezione per chi non ce la fa a tener testa ad un mercato che è tanto spietato.
La questione è spinosa ed è solo la punta di un iceberg che affonda radici ben più profonde, ideologiche, culturali e territoriali. E’ pur vero che qualcosa nel nostro Paese non funziona come dovrebbe, specie se pensiamo alle potenzialità che abbiamo e allo stato di crisi in cui viviamo ormai da troppi anni.
Magari un intervento di Paolo Bonolis che affronta lo scontro a “Ciao Darwin” potrebbe essere risolutivo e con una botta di fortuna potremmo arrivare a trovare la soluzione ben prima di quanto riesca a fare il Governo Italiano.
Di Angela Federica Genco.
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