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Lotta alla Malaria e DDT

Esaminiamo brevemente la problematica concernente l’utilizzo massivo del DDT.

Le attività di contrasto alla Malaria e l’utilizzo del DDT.

Attualmente, nonostante un sempre maggior numero di persone abbia accesso nel mondo a servizi di cura e prevenzione della malaria, una delle maggiori sfide sanitarie dei prossimi anni sarà, se non il debellamento, almeno una drastica riduzione di questa malattia che, secondo il rapporto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) redatto 2021, pur riducendosi dal milione di persone negli anni ’90 a 619.000, in gran parte dell’Africa Subsahariana.

Questo grazie al fatto che in molti Paesi sono stati introdotti farmaci più efficaci e distribuite nuove tipologie di zanzariere appositamente trattate con un insetticida a lunga persistenza. Sempre secondo l’OMS, circa metà della popolazione mondiale è a rischio di contrarre la malattia.

Paesi e territori con casi autoctoni nel 2000 e loro situazione nel 2019 – Fonte OMS.

A livello mondiale, si stanno promuovendo nuovi programmi di monitoraggio, ed anche Paesi dove tradizionalmente era più problematico ottenere dati attendibili, stanno intensificando i loro sforzi in questa direzione. Sono state svolte anche intense campagne antimalariche, con penetrazione della distribuzione di zanzariere trattate anche nei villaggi più isolati di molte Nazioni.

Se ricordiamo che, nel 1995, l’OMS calcolava il numero di decessi nel mondo causati dalla malaria fra un milione e mezzo e tre milioni, ed il numero di malati tra 300 e 500 milioni, possiamo ritenere positivo il trend. Va tuttavia rilevato che gli sforzi finora condotti per debellare o diminuire drasticamente le Zanzare del genere Anopheles, vettrici del Protozoo del genere Plasmodium, responsabile della malattia, non hanno avuto molto successo. Infatti, i rimedi sopra esposti sono volti a diminuire le occasioni di” interazione” con la Zanzara, ossia diminuire la possibilità di essere punti, piuttosto che la sua soppressione. Anche le ricerche in corso sull’utilizzo di parassiti della Zanzara, Funghi, essenze vegetali, sistemi elettromagnetici (questi ultimi oggetto di una ricerca che sto sviluppando con il Professor Giuseppe Brera grazie ad una Convenzione non onerosa fra ENEA ed Università Ambrosiana), sono ancora in fase sperimentale. 

Mentre le tecniche volte alla sterilizzazione del maschio, sviluppate nell’ormai lontano 1975 dal compianto Professor Italo Dante De Murtas dell’ENEA con le radiazioni e successivamente, sempre da scienziati dell’ENEA e di altri Enti di ricerca, per mezzo di parassiti che “castrano” il maschio o attraverso la sterilizzazione di questo al microscopio, per vari motivi sono difficilmente applicabili su vasta scala. Queste tecniche si basano sul fatto che le femmine di tutte le Specie di Ditteri conosciuti si accoppiano una sola volta.

In effetti, l’unico prodotto veramente efficace, che a suo tempo aveva contribuito significativamente ad una drastica riduzione dei casi di malaria nel mondo, è stato il DDT. Tenuto conto che le Nazioni Unite, hanno ripreso in considerazione l’utilizzo di questo insetticida organoclorurato, anche se finora senza applicazioni sul campo, esaminiamo brevemente la problematica concernente l’utilizzo massivo di questo prodotto di sintesi.

Esaminiamo brevemente la problematica concernente l’utilizzo massivo del DDT.

Il DDT (para-diclorodifenilnitrilcloroetano) è stato il primo insetticida moderno, ed è stato utilizzato massicciamente a partire dal 1939, in particolare proprio per debellare la malaria, ma anche per altre eziologie di cui sono vettori Insetti.

Probabilmente i meno giovani dei nostri lettori ricorderanno le famose pompette a stantuffo manuale che ogni estate venivano utilizzate contro Mosche, Mosconi, Moscerini, Tafani e Zanzare nelle abitazioni e nei negozi. In seguito, nel 1950, l’FDA (Food and Drug Administration americana) dichiarò che “con tutta probabilità i rischi potenziali del DDT erano stati sottovalutati”. 

Ma, il colpo di grazia all’utilizzo del DDT, lo ha dato nel 1962 la Biologa marina Rachel Carson con la pubblicazione del libro Silent Spring (Primavera silenziosa) in cui denunciava questa sostanza come cancerogena e nociva nella riproduzione degli uccelli in quanto causava l’assottigliamento del guscio delle uova. Lei era in perfetta buona fede, almeno nella misura in cui un Biologo professionista valuta i dati acquisiti dalla letteratura scientifica. Infatti, bisogna considerare come effettivamente tali dati erano stati ottenuti. 

Va anche sottolineato che la Carson non aveva scritto di eliminare l’utilizzo del DDT, ma di sottoporre a rigidi protocolli il suo utilizzo. Come spesso denunciato su queste pagine, vanno attentamente valutati i dati ed il modo con cui sono stati ottenuti nonché le risultanze dei lavori dell’intera comunità scientifica. Ma vediamo di valutare criticamente tali risultanze.

Struttura del DDT.
Vecchio spruzzatore per DDT.

Per quanto concerne la cancerogenicità, l’Agenzia Internazionale per lo Studio sul Cancro (IARC) ha inserito il DDT nella categoria 2B “limitati indizi di cancerogenicità”, insieme con prodotti come il Caffè ed il Tè. Il caso dell’assottigliamento del guscio delle uova di alcune specie di Uccelli è addirittura paradossale: in seguito alla diceria (perché la  pubblicazione scientifica relativa a questa argomentazione è posteriore alla pubblicazione del libro della Carson!) riportata in “Primavera silenziosa”, nel 1969, Bittman e collaboratori pubblicarono un articolo intitolato “DDT Induces A Decrease in Eggshell Calcium” sulla prestigiosa Nature, in cui affermava che, nei suoi esperimenti le Quaglie cui faceva ingerire DDT, queste ultime deponevano uova con il guscio troppo sottile. 

In realtà egli somministrava alle Quaglie in oggetto solo lo 0,56 % di calcio, al posto del 3 % che costituisce la norma. Ma il dato più eclatante, che inficia l’intera ricerca, è rappresentato dalle misure riportate nell’articolo ed il mezzo utilizzato per tale misura: egli riportava una differenza di spessore fra i gusci delle uova delle quaglie di controllo e di quelle sottoposte ad ingestione di DDT dello 0,07 %. A questo punto va fatto notare che, secondo quanto dichiarato nell’articolo, le misure sono state ottenute con un micrometro, che ha un potere di risoluzione di 1-2 centesimi di mm, mentre la differenza di spessore riportata è di 0,007112 mm.

Le ultime tre cifre di questa supposta misura vanno oltre il potere di risoluzione del microscopio ottico, in quanto la lunghezza d’onda della luce visibile è compresa tra 0,38 e 0,80 millesimi di millimetro. Vi sono studi successivi sullo stesso tenore e, visto gli interessi industriali che vi sono dietro, il DDT non è prodotto da una multinazionale, non mi sembra il caso di soffermarcisi ulteriormente.

Anche la persistenza del DDT nell’ambiente, riportata da più fonti, fa nutrire seri dubbi agli specialisti: risulta abbastanza problematico far risalire con certezza la persistenza di p,p’-DDE e di o,p’-DDE (i principali metaboliti degli organoclorurati) nell’ambiente e, segnatamente, nella catena alimentare, al DDT piuttosto che ad altri organoclorurati, più complessi chimicamente, più tossici e proibiti più recentemente, o ad altri composti prodotti dall’industria chimica.

La conseguenza di tutto questo è stata la proibizione del DDT negli Stati Uniti nel 1972, proibizione seguita da molti altri Paesi, tra cui l’Italia nel 1978. Questo malgrado l’OMS dichiarasse che, gli eventuali danni prodotti dal DDT, sono infinitamente meno dannosi che il non utilizzo del DDT per combattere la diffusione della malaria. Nel 2007 l’OMS ha dichiarato che il DDT, se usato correttamente, non comporta rischi per la salute umana e che l’insetticida dovrebbe comparire accanto alle zanzariere ed ai medicinali come strumento di lotta alla malaria.

Leggi anche: Ditteri: emergenze sanitarie improrogabili

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Ettore Ruberti

Naturalista, giornalista scientifico. Professore di Biologia, Chimica, Fisica e Geografia fisica presso il Liceo Scientifico e Linguistico “Maroni” di Varese dal 1983 al 1989. Giornalista free lance, dal 1977, con collaborazioni con le seguenti testate: La Prealpina, Il Giorno, La Stampa, Inquinamento, Il Medico e il paziente, Oasis, Geodes, Migratori Alati, Le Scienze, Petrolieri d’Italia, Ambiente, ecc. Redattore da luglio 1988 a febbraio 1990 presso la rivista Acqua & Aria. Attualmente scrive, per conto dell’ENEA e come attività intellettuale su 21mo Secolo, MuseoEnergia, L’Eco dei Laghi, ecc. Collaborazioni con Enti ed Istituti di ricerca nel campo zoologico, in particolare inserito nel Gruppo di Lavoro Uccelli Migratori dell’Organizzazione Ricerche Ornitologiche dell’RGF dal 1978 al 2010, in cui curava anche l’informatizzazione e l’elaborazione statistica dei dati validati dall’INFS di Bologna e dall’IWT di Slimbridge. Partecipazione gratuita e svolta fuori dall’orario di lavoro, dal 2011, con la Fondazione Gianfranco Realini per la valorizzazione del territorio che si occupa di Zone Umide (paludi, canneti rivieraschi, torbiere, ecc.), in relazione alla possibile partecipazione (in collaborazione con due gruppi di lavoro dell’ENEA Casaccia) ad un progetto LIFE. Collaborazione con l’Università di Pavia, in seguito ad una richiesta ufficiale di quest’ultima all’ENEA, volta alla classificazione di Aracnidi ed Insetti. Collaborazione portata a termine. Collaborazioni con vari Editori per opere editoriali nei campi suddetti e per la referizzazioni di studi e ricerche. I campi in cui ha acquisito le maggiori competenze sono: Entomologia, Aracnologia, Erpetologia, Evoluzionismo, Gestione delle Risorse naturali, Fotografia e Cinematografia Scientifica, Microscopia (sia ottica che elettronica), oltre naturalmente all’elaborazione e gestione dell’informazione, sia a livello divulgativo che scientifico Dipendente dell’ENEA dal 9 aprile 1990, Assunto per concorso per assunzione in prova, con qualifica di giornalista scientifico (7° livello) (Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale – “Concorsi ed Esami” – n. 103 del 30 dicembre 1988) approvata dal presidente dell’ENEA con delibera n. 24/89/G del 21/12/89, cui si richiedevano almeno otto anni di esperienza nei settori giornalistico scientifico e didattico (provati con ampia documentazione), con graduatoria 95/100. Assunzione divenuta a tempo indeterminato dopo sei mesi (sempre al 7° livello). Inserito nella Divisione Relazioni Esterne, sede di Milano, si è occupato di diffusione dell’informazione, con interventi anche in ambito scolastico ed universitario, organizzazione di Convegni, Conferenze, ecc., spesso ha anche coadiuvato il personale della sede, in particolare Dr. Sani, Dr. Gavagnin, Prof. Bordonali, Sig. Griffini, Dr. Valenza, Prof. De Murtas. Ha pubblicato vari articoli sulla problematica relativa agli OGM sulla rivista “AgriCulture”, aprile 2003, su Migratori alati nel 2001, 2002, 2003, 2004, su La Padania nel 2005, 21mo Secolo.Dal 1991 segue le problematiche relative allo sviluppo dell’Idrogeno come vettore energetico, per conto della Divisione Tecnologie Energetiche Avanzate, che rappresenta ufficialmente al Forum Italiano dell’Idrogeno, inserito nel Consiglio Direttivo e all’AIDIC dove, dal 1993 al 1997, era stato costituito un gruppo di lavoro “CO2: riduzione, contenimento della produzione e riuso” che ha cessato la sua attività nel 1997. Nel contesto di questo incarico ha organizzato vari Convegni e tenuto Conferenze in Italia e all’estero, ha inoltre pubblicato vari articoli su riviste Scientifico-divulgative, tra cui: un articolo interno su “Le Scienze” (edizione italiana di Scientific American) del settembre 2000: “Idrogeno: energia per il futuro” N° 385, settembre 2000, pag. 90/98; un articolo concernente il sistema idrogeno sul numero monografico del 1996 dell’Organo ufficiale degli Ingegneri della Svizzera italiana, pubblicato come Atti di un Convegno sull’argomento; un numero, quasi monografico, di “Petrolieri d’Italia”, 2001; alcuni articoli su 21mo Secolo dal 1994 al 2006; ha inoltre effettuato vari interventi su televisioni italiane e svizzere; .ha partecipato, nel l’ambito del Forum, in qualità di Docente al Corso sulla sicurezza del sistema idrogeno, tenutosi nel 2002 presso l’Istituto Superiore Antincendio dei Vigili del Fuoco, sotto l’egida del Ministero degli Interni. E’ coautore del libro bianco sull’idrogeno “Linee guida per la definizione di un piano strategico per lo sviluppo del vettore energetico idrogeno”, scritto dai membri del Forum. Ha presentato, primo in Italia, un lavoro concernente l’utilizzo di nanotubi di carbonio per l’accumulo ed il trasporto dell’idrogeno (sotto forma di poster), al SolarExpo di Verona nel dicembre 2000. Nell’ambito degli incarichi portati a termine, ha seguito, per conto del Professor Umberto Colombo, gli sviluppi delle ricerche sulla Fusione Fredda, campo in cui ha anche pubblicato alcuni articoli, ed è in corso di stampa un libro che ha scritto sull’argomento. Lavorando in questo ambito, ha acquisito una significativa conoscenza della meccanica quantistica e dei fenomeni nucleari ed elettromagnetici nella materia condensata. Per questo motivo, nel 2004 è stato eletto Membro dell’International Society For Condensed Matter Nuclear Science. E’ Autore di diverse pubblicazioni concernenti la produzione energetica per mezzo della fissione dell’atomo ed i relativi problemi legati alla sicurezza ed all’impatto ambientale. Dal giugno 1996 al giugno 2010 Ricercatore nella Divisione GEM (1996-2001) e BIOTEC (2001-2010) inserito nel Board di Direzione, anche se ha continuato a dedicare una parte del tempo (valutabile al 20% del totale) all’idrogeno. In questo ambito ha lavorato in sinergia con il Professor De Murtas, con il quale collaborava anche precedentemente. Ha pubblicato, sulla rivista Energia Ambiente e Innovazione, n° 6/1997, una monografia sull’Evoluzione Biologica, campo in cui è uno specialista. Ha sviluppato una nuova ipotesi sul ruolo svolto da un debole campo elettromagnetico in argille di origine magmatiche (le montmorilloniti) nella formazione delle prime macromolecole biologiche, ipotesi che sta sottoponendo a verifica sperimentale. In particolare, la parte sperimentale sarà sviluppata presso il laboratorio del Dr. Francesco Celani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali di Frascati. Sta sviluppando un sistema per la riconnessione di tessuto nervoso reciso, attualmente sui Molluschi Gasteropodi Polmonati (Limax ruber), ma con l’obiettivo di applicarlo ai Vertebrati e, quindi, all’Uomo (si tenga presente che non vi è nessuna differenza rilevante fra il tessuto nervoso dei Molluschi e quello dei Vertebrati). Ha sviluppato, in collaborazione con il Prof. Brera (Rettore dell’Università Ambrosiana), un Progetto di ricerca (Progetto Against Malaria) volto all’interruzione del ciclo del Plasmodio che causa la malaria nel ciclo biologico delle Zanzare del genere Anopheles. Progetto per cui ha proposto all’ENEA una collaborazione. Insieme con il Professor De Murtas, nel 1977, ha scritto un libro sulla Biodiversità. Attualmente è impegnato ad una revisione della classificazione animale, ai livelli superiori, in relazione ai principi della Nuova Sintesi, con gli apporti derivati dalla biochimica (non cladista, di cui rifiuta la teoria, i metodi e le finalità); sta realizzando un atlante di Anatomia degli Insetti, per cui ha elaborato una nuova tecnica di lavoro. Relatore, nel 2011, di una Tesi di Laurea concernente l’utilizzo del Batterio Ralstonia detesculanense per il sequestro dei metalli pesanti. Tesi presentata presso l’Università La Sapienza di Roma da Laura Quartieri che si è laureata con un punteggio di 107/110. Tale tesi è stata in seguito oggetto di pubblicazione su una rivista della Elsevier. Dal ’97 Professore a contratto di Biologia generale e molecolare all’Università Ambrosiana. Dal 25 settembre 2012 con qualifica accademica di Licentia Docenti ad Honorem per merito di chiara fama nella disciplina. Associato alla Società Italiana di Scienze Naturali, alla Società Entomologica Italiana, alla Società Herpetologica Italica, alla Società Italiana di Fisica ed alla Società Italiana di Biologia Evoluzionistica di cui è Socio fondatore. In passato associato all’Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica e all’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani.

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