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Lo Hobbit La Desolazione di Smaug

Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug: Peter Jackson ed un film molto hollywoodiano.

Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug: Peter Jackson ed un film molto hollywoodiano.

Per vedere Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug, il pubblico in quel 2013 non stava più nella pelle. Tutti volevano poter ammirare lui, Smaug, il colossale e ferocissimo drago, nemesi a lungo evocata nel primo film. A donargli la voce (e non solo quella grazie alla motion capture) era stato il grande Benedict Cumberbatch, che si aggiungeva ad altre new entries per un film che allargò e ampliò il numero di personaggi coinvolti.

Luke Evans era Bard l’Arciere, Stephen Fry il Governatore della Città del Lago, Lee Pace fu scelto per essere Re Thranduil, Orlando Bloom tornò come Legolas, mentre Evangeline Lilly era l’elfo Tauriel. Tutti loro si aggiungevano ai personaggi del primo film, all’interno di una sceneggiatura molto più complessa ed articolata, frutto di un iter in cui la mano di Guillermo del Toro era sicuramente molto più presente rispetto al primo.

Un film che introduceva personaggi molto originali.

I nani guidati da Thorin e Gandalf, continuavano verso Erebor, inseguiti però dai mannari di Azog. Trovavano nel mutapelle Beorn un aiuto inaspettato, tuttavia per poco non verranno uccisi dai ragni giganti nella Foresta di Mirkwood, venendo salvati dagli elfi capeggiati da Legolas.

Da questo momento La desolazione di Smaug prende una svolta inaspettata, grazie alla presenza non solo della Tauriel di Lilly, ma soprattutto del Re Thranduil di Lee Pace, sorta di Machiavelli elfico, personaggio tra i più torbidi e riusciti delle due saghe.

Al duplice egoismo di questi e di Thorin Scudodiquercia, faceva da contraltare l’idealismo di Bard, abitante di quella Città del Lago che avrebbe giocato un ruolo decisivo nell’aiutare Thorin nella sua impresa. Infine, appariva lui, Smaug, l’immenso, oggettivamente il drago più terrificante mai visto, il cui “duetto” con Bilbo era sicuramente la parte più riuscita del film di Jackson.

Tauriel era un personaggio dalla genesi errrata.

Molta carne al fuoco, forse troppa, non sempre ben distribuita. Ancora oggi il personaggio di Tauriel, con la sua storia d’amore con uno dei nani di Thorin, appare alquanto forzato, per non dire inutile al fine della narrazione. Una sorta di concessione al politically correct?

La necessità di una dimensione sentimentale assente fino a quel momento?

Forse entrambe le cose, ma sicuramente rappresentò l’errore più marchiano commesso dagli sceneggiatori. Ad oggi, nessun altro personaggio delle due saghe di Jackson è stato così tanto detestato dai fan, ed è difficile dare loro torto, visto che la dimensione sentimentale cozzava con tutto l’insieme, lo snaturava. Per il resto La Desolazione di Smaug però mantenne le attese, offrì azione, un tono più oscuro e serioso rispetto al primo, anche inquietante.

La Desolazione di Smaug era un trionfo per gli occhi.

La Desolazione di Smaug abbraccia un’azione di grande impatto, che non si era mai vista in precedenza nei film di Jackson, connessa ad un’estetica che sovente guardava maggiormente al cinema d’arti marziali orientale, anche nella sua dimensione più comica e irriverente, così come alla graphic novel.

Gli orchi rare volte furono più terrificanti e malvagi, tuttavia lo stesso Azog apparve ridimensionato da uno Smaug, che da solo valeva il prezzo del biglietto. Meraviglia della CGI moderna, connesso ad una dimensione visiva oscura, claustrofobica, dentro la città di Erebor, portò l’impatto visivo di Tolkien al cinema ad un altro livello.

Sorta di enorme e narciso rettile, di regnante vizioso e crudele, più che di carro armato volante, fu sicuramente un simbolo di perdizione e arroganza fedele al personaggio di Tolkein, un villain di grande fascino.

Bilbo Baggins diventava un personaggio meno positivo.

Forse uno dei motivi per i quali La Desolazione di Smaug non piacque completamente alla critica fu proprio questo tono così vario, distante dalla dimensione di adventure pura e un po’ infantile de “Un Viaggio Inaspettato“.
I 161 minuti stavolta si sentirono tutti, per la necessità di adattare la trama principale alle varie sotto-trame secondarie, alcune delle quali (Tauriel su tutte) erano evitabilissime.

Per fortuna però c’era Bilbo… L’innocente hobbit della Contea, lasciava spazio ad un personaggio sempre più complesso, instabile, anche a causa dell’Anello, quell’Anello che si rivelava cruciale e prezioso in diversi momenti, così come fonte di cambiamenti imprevedibili nel protagonista.

La Desolazione di Smaug migliorava i difetti del primo film.

A dispetto di alcuni difetti quindi, La Desolazione di Smaug rimane un’avventura fantastica. Jackson recuperò appieno la parte più spaventevole e inquietante vista ne La Compagnia dell’Anello, ci donò un Sauron in tutta la sua terribile potenza. La sequenza di Gandalf dentro Dol Guldur rimane una delle cose più belle mai fatte dal Jackson regista, un oscuro e spaventoso viaggio dentro la paura, l’orrore e la crudeltà insite nell’Oscuro Signore.

Bellissimo dal punto di vista visivo, con una colonna sonora bellissima, La Desolazione di Smaug riuscì senza alcun dubbio però anche a migliorare diversi difetti del primo film, tra tutti la caratterizzazione di Thorin, reso più approfondito e meno monocorde, così come mostrarci con Bilbo, un personaggio non per forza sempre positivo o solare.

Rispetto al primo film, fu forse più “hollywoodiano”, ma anche il più spettacolare, quello con la regia più azzeccata ed un elemento di suspense che fu il vero asso nella manica, nobilitato da un finale aperto che per intelligenza ed epica, ha avuto pochi pari in questi anni.

Se proprio bisogna essere sinceri, un film anche migliore de Il Ritorno del Re, che al di là della dimensione generazionale e storica, dell’importanza di ciò che il film rappresentò nella storia della settima arte, da un punto di vista squisitamente di merito, aveva ed ha ancora oggi, molti più difetti de La Desolazione di Smaug.

Leggi anche: Lo Hobbit Un Viaggio Inaspettato

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Giulio Zoppello

Redattore

Padovano, classe '85, con un passato di allenatore di pallavolo. Inviato e critico cinematografico per diverse testate on-line, creatore e curatore della pagina sportiva l'Attimo Vincente.

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