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Abuso del diritto: obiettivo centrato

Abuso del diritto: obiettivo centrato

Abuso del diritto: positivizzazione dell’abuso del diritto.

In seguito all’introduzione nello Statuto dei diritti del contribuente del nuovo art. 10-bis, l’istituto dell’abuso del diritto si è trasformato da “limite all’autonomia privata” a “garanzia della libera scelta del contribuente”. La positivizzazione della disciplina, punto di arrivo di un lungo processo legislativo e giurisprudenziale non può, dunque, che essere accolta favorevolmente.

La regolamentazione, infatti, si è resa necessaria per l’esigenza di superare le incertezze  derivanti dalla formulazione del previgente art. 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e delle variegate norme anti-abusive, contenute nelle singole disposizioni fiscali.

L’istituto, in tal modo, è stato delineato non più – come in passato – in funzione di limite all’autonomia negoziale ma di garanzia della libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni anche se comportanti un diverso carico fiscale.

Nonostante i dubbi sollevati e in conformità alla corretta attuazione della delega per la “revisione delle vigenti disposizioni antielusive al fine di unificarle al principio generale del divieto dell’abuso del diritto”, dunque, l’art. 10-bis risulta oggi pacificamente applicabile anche ad atti e operazioni negoziali tra privati, al di fuori, dunque, di un contesto di impresa o professionale.

La scelta legislativa, di non intervenire sulle altre disposizioni antielusive vigenti, si spiega considerando che la nuova disciplina assorbe “in sé qualsivoglia contestazione in termini di divieto di abuso del diritto e di elusione fiscale, rispetto a tutti tributi del nostro ordinamento fiscale”.

Il riferimento, in primo luogo, è all’art. 20 del testo unico dell’imposta di registro:

  • norma attualmente vigente, al quale parte della dottrina, della giurisprudenza e della prassi amministrativa continuano a riconoscere una funzione antielusiva.

La contestuale vigenza dell’art. 10-bis e dell’art. 20 del Tur, tuttavia, comporta che quest’ultima non può più essere invocata dagli Uffici in relazione a contestazioni di abuso o comunque di “effetto economico finale” dovendo oggi, queste stesse eccezioni, considerarsi uniformemente disciplinate dall’art. 10-bis.

Nonostante la scelta di una clausola generale antiabuso (in luogo di singole clausole antielusive) possa apparire troppo ampia rispetto al prefissato obiettivo della certezza del diritto, la stessa deve essere “ridimensionata” nella sua reale portata operativa:

  • in forza del comma 12 dell’art. 10-bis, norma che assume una valenza ricostruttiva determinante.

Per comprendere l’impianto definitorio della nuova disciplina occorre, infatti, muovere proprio dal “principio di residualità”cui il legislatore delegato ha scelto di ancorare la nozione di abuso del diritto.

Il citato comma 12 prevede che:

  • in sede di accertamento, l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie“.

Prescindendo, naturalmente, che siano sussistenti i presupposti di applicazione prescritti dalla nuova disciplina. Senz’altro apprezzabile, da ultimo, appare la circostanza di corredare la disciplina sostanziale dell’abuso a garanzie procedimentali:

  • sia nella fase antecedente alla condotta (con la previsione della possibilità di presentare un interpello preventivo all’Agenzia delle entrate);
  • sia nella fase funzionale all’accertamento (con la previsione di una necessaria preventiva richiesta di chiarimenti dall’amministrazione finanziaria con valenza di vero e proprio contraddittorio).

Le modifiche, in conclusione, hanno di sicuro centrato il prefissato obiettivo, della legge delega, di dare attuazione ai principi dell’affidamento e della certezza del diritto.

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