Popolazione e ipersfruttamento delle risorse
Popolazione e ipersfruttamento delle risorse. Quando, nel 1798, Thomas Robert Malthus pubblicò il Saggio sul principio della popolazione in cui sosteneva che è sbagliato cercare di migliorare le condizioni di vita dei meno abbienti ma, al contrario, imporre il controllo delle nascite poiché la crescita della popolazione presenta un andamento esponenziale geometrico, mentre le risorse […]
Popolazione e ipersfruttamento delle risorse.
Quando, nel 1798, Thomas Robert Malthus pubblicò il Saggio sul principio della popolazione in cui sosteneva che è sbagliato cercare di migliorare le condizioni di vita dei meno abbienti ma, al contrario, imporre il controllo delle nascite poiché la crescita della popolazione presenta un andamento esponenziale geometrico, mentre le risorse disponibili sono suscettibili di un incremento aritmetico, non era certo stato il primo né l’unico ad essere preoccupato dell’incremento della popolazione e dell’esaurirsi delle risorse.
Questo tema ha trovato, già dall’antica Grecia, sostenitori che hanno propugnato e propugnano il controllo demografico anche con mezzi coercitivi ed ha subito una diffusione ed un’impennata dalla fine dell’Ottocento, portando ad atrocità e genocidi.
Paradossalmente ma con una certa logica perversa, con la nascita e lo sviluppo dei movimenti ambientalisti, tali preoccupazioni si sono acuite e, mentre anticamente tali ideologie erano sostenute da sparuti gruppi di persone, sia pure dotati a volte di poteri decisionali, una parte sempre più cospicua di persone sembra trovare nel controllo delle nascite una valida soluzione alle problematiche che affliggono l’umanità.
Addirittura, molte associazioni ambientaliste vedono l’umanità come il cancro del pianeta, trasformando di fatto la giusta preoccupazione per l’ambiente in un movimento neomalthusiano.
Antefatto storico.
È vero che molte civiltà del passato sono perite a causa dell’ipersfruttamento delle risorse ma questi eventi sono stati causati dall’utilizzo distruttivo delle stesse, spesso per motivi politici, come nel caso degli abitanti dell’Isola di Pasqua o nell’allevamento di specie inadatte, come nel caso dell’allevamento di Ovini e Caprini, i cui zoccoli spaccano le zolle, in terreni non adatti, come nel caso dell’antica Grecia.
Anche l’imposizione alla popolazione di incrementare le nascite per avere più soldati, come nel caso di molte popolazioni polinesiane del passato, può portare ad un esaurimento delle capacità di sostentamento. Certo, anche eventi non programmabili come terremoti, eruzioni vulcaniche, pandemie, eccetera, possono portare al declino di una società ma questi eventi non entrano nel contesto di cui stiamo discutendo.
Per molti storici un fenomeno che può portare alla diminuzione di una popolazione è rappresentato dalla guerra ma ormai sappiamo che dopo un conflitto avviene un incremento delle nascite: basti riflettere sull’aumento della popolazione mondiale verificatosi dopo i due conflitti mondiali che pure hanno causato atroci carneficine.
Viceversa è stato ampiamente dimostrato che, con il miglioramento della qualità della vita, l’accesso alle risorse, l’incremento della scolarizzazione specie delle donne, le popolazioni tendono a stabilizzarsi, se non addirittura a diminuire, come dimostra il caso dell’Europa occidentale.
Origine e sviluppo dell’eugenetica.
Il primo teorico del controllo delle nascite è stato il filosofo Herbert Spencer, mentre il primo ad avere sviluppato praticamente tale ideologia è stato Francis Galton, colui che aveva coniato il termine di eugenetica e sviluppato l’ideologia ad essa associato.
Galton, partendo dall’osservazione che i componenti delle classi privilegiate della società anglosassone erano tutti più o meno imparentati e per la maggior parte persone di successo, si convinse che lo sviluppo delle società umane (generalizzando la situazione anglosassone del tempo e sorvolando sul fatto che le Elite erano comunque privilegiate) rispecchiava le qualità ereditarie e quindi la giustezza della segregazione delle popolazioni e delle classi meno abbienti a seconda del loro corredo ereditario che, va sottolineato, al tempo non si sapeva cosa fosse.
Queste idee furono poi diffuse in tutta Europa ed in America, dove attecchirono pericolosamente, specialmente nelle Elite imprenditoriali e colonialiste. Addirittura, negli Stati Uniti, nella penisola scandinava ed in Inghilterra prima, e in gran parte dell’Europa successivamente, vennero promulgate Leggi razziali e Leggi che permettevano, anzi incentivavano, la segregazione e la sterilizzazione forzata di delinquenti, malati mentali e fisici, poveri ed appartenenti a “razze” considerate inferiori.
Galton fondò l’Eugenics Record Office che fece confluire successivamente con volontà testamentale nel Galton Chair of National Eugenics cui destinò 45000 sterline.
Come si può constatare, Hitler poteva vantare l’apporto teorico anglosassone ed il cattivo esempio di altri Paesi. Va anche sottolineato che le Leggi suddette e le applicazioni delle stesse sono terminate in alcuni Paesi, come la Svezia, solo negli anni Settanta del Novecento.
È abbastanza sorprendente, ed anche ingiusto, il fatto che l’applicazione dell’eugenetica sia anche definita “Darwinismo sociale”, mentre è noto che Darwin era contrario sia allo schiavismo, allora diffuso, sia all’eugenetica, anzi, pur vissuto in epoca vittoriana, fu il primo a sostenere che il concetto di razza umana era sbagliato scientificamente in quanto nelle popolazioni non esisteva una netta separazione fra le caratteristiche fisiche, che si stemperano fra le popolazioni contigue.
Dopo quasi un secolo e mezzo dalle osservazioni di Darwin, gli studi genetici compiuti da Cavalli-Sforza sul cromosoma Y (ossia il cromosoma maschile, il cosiddetto DNA di Adamo) e da Svante-Peebo sul DNA mitocondriale (come noto, il mitocondrio proviene dalla cellula uovo, il cosiddetto DNA di Eva), hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che la variabilità genetica all’interno delle singole popolazioni è paragonabile se non maggiore di quella presente fra le popolazioni, ne deriva che il concetto di razza umana non ha validità biologica.
Questo dato è facilmente verificabile anche dal punto di vista comportamentale, confrontando il comportamento di persone adottate da rappresentanti di etnie diverse. Del resto, i casi di bambini allevati da animali selvaggi hanno ampiamente dimostrato l’estrema plasticità ed adattabilità della nostra specie.
Nascita e sviluppo dell’ambientalismo.
Lo sviluppo dell’ambientalismo si può dividere in due fasi: la prima, sviluppatasi nell’ambito delle Elite mondialiste al vertice delle multinazionali e delle merchant bank, portò alla fondazione delle prime associazioni ambientaliste che, unitamente alla protezione di ambienti particolarmente pregiati, perpetrava il controllo mondiale delle nascite, specie nei Paesi in Via di Sviluppo, anche con metodi coercitivi; la seconda, spesso finanziata dai fautori della prima, con la diffusione e la promozione di una visione ambientalista della società.
In prima approssimazione, il rispetto dell’ambiente e l’obiettivo di pervenire ad uno sviluppo delle società e dell’utilizzo delle risorse che sia compatibile con l’ambiente e rinnovabile nel tempo appare logicamente giusto e razionale. Purtroppo, però, questa visione è stata “dirottata” verso un’ideologia neo panteista che vede l’umanità come il cancro del pianeta e lo sviluppo delle società in contrapposizione con la salvaguardia del Pianeta.
A ciò si aggiunge il fatto, ben sfruttato dalle multinazionali, che alle istanze basate sulle conoscenze scientifico/tecnologiche si sono sostituite ideologie basate sul rifiuto a prescindere delle nuove tecnologie.
Il primo libro che è considerato il capostipite del filone ambientalista è “Primavera silenziosa” della biologa Rachel Carson, in cui tra l’altro veniva condannato il DDT. In effetti, la Carson, basandosi su dati sperimentali rivelatisi fallaci (vedi il mio “Lotta alla malaria e DDT” su questa testata), proponeva di sottoporre a rigidi protocolli l’utilizzo di questo insetticida, non la sua eliminazione.
Comunque, con la diffusione dell’ambientalismo, le pubblicazioni ambientaliste/catastrofiste divennero sempre più estremiste, cito “Il cerchio da chiudere” di Barry Commoner, “The Population Bomb” di Paul Ehrlich, “I limiti dello sviluppo” prodotto dal MIT di Boston per conto del Club di Roma di Aurelio Peccei.
Va sottolineato che nessuna delle catastrofi annunciate da questi “profeti di sventura” si è avverata, ma questo non ha impedito ai guru ambientalisti di continuare con le loro fosche previsioni, sostenendo che le catastrofi sarebbero soltanto avvenute successivamente.
Basti riflettere sul fatto che, se fossero state esatte le previsioni di Malthus, nell’anno 2000 nel Mondo avrebbero dovuto esserci 256 miliardi di persone, mentre nel 2023 abbiamo superato gli 8 miliardi. Questo, ovviamente, non significa che non bisogna proteggere l’ambiente o che si può continuare con una crescita illimitata e con l’ipersfruttamento delle risorse ma, semplicemente, che è necessario un approccio meno ideologico e più tecnico, valutando ogni problema ed ogni tecnologia senza pregiudizi ideologici.
La storia, anche recente, ci ha dimostrato che, quando la qualità della vita delle popolazioni migliora, migliorano anche la qualità dell’ambiente naturale, la gestione delle risorse e la popolazione tende a stabilizzarsi.
Certo, molte problematiche non sono facili da risolvere ed è chiaro che è necessario un approccio meno basato solo sugli interessi a breve termine nell’utilizzo delle risorse da parte delle multinazionali ed in alcuni casi dei governi, ed è necessario coinvolgere le popolazioni nella gestione delle risorse e del territorio, favorendo la diffusione di una cultura tecnico/scientifica di base, a cominciare dalla scuola e dalla divulgazione.
Purtroppo, questo è ampiamente disatteso e, specie nel campo del giornalismo, prevale un approccio sensazionalistico in cui dominano lo scoop e/o la diffusione di notizie scorrette, non so quanto in buona fede.
Va sottolineato che, in molti Paesi, dominano ancora dittature in cui la volontà dei singoli conta nulla e lo sfruttamento del Popolo e delle risorse dipendono dagli interessi delle classi dominanti, spesso facilmente manipolate o corrotte dai potentati economici mondialisti.
Ne va dimenticato che molte Nazioni sono in effetti dominate dagli interessi delle Nazioni più avanzate che hanno sostituito il colonialismo militare di un tempo con un più invasivo e trasversale colonialismo economico. Cito il caso del franco africano, utilizzato da 15 Nazioni appartenenti all’Africa Sub Sahariana, stampato in Francia con la contropartita del 50% del prodotto interno lordo di quei Paesi che finisce nei forzieri della Francia.
Leggi anche: Strutturalismo in antropologia: la diffusione dell’Homo Sapiens
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