Sono passati ventisette anni dalla Conferenza di Rio, dove si è evidenziato che il dibattito sull’ambiente e la conservazione della biodiversità è fortemente animato o, per meglio dire, dominato, da gruppi di pressione molto forti nei campi della morale, dell’etica e delle religioni, spesso con il risultato di spostare l’attenzione dalle vere priorità ambientali verso concezioni panteistiche che finiscono per creare una visione fortemente critica verso l’uomo, visto come cancro del pianeta e, quindi, da porre l’alternativa tra proteggere questo o il resto dei viventi.
Per certuni, un’entità soprannaturale ha creato la diversità della natura, questa è di sua proprietà, e gli uomini non hanno il diritto di distruggerla, o addirittura di utilizzarla. Altri, con argomenti assai vicini, partono dal principio che bisogna che il pubblico abbia l’impressione di commettere un sacrilegio o meglio un’infrazione, distruggendo la biodiversità, perché possa imporsi l’idea di conservazione della medesima.
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