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Il trattamento delle scorie radioattive

Il trattamento delle scorie radioattive

La gestione delle scorie radioattive.

Alcune considerazioni sono necessarie circa la gestione delle scorie radioattive, poiché, come per molte altre tecnologie, in Italia regna la disinformazione e molti sparlano dell’argomento sui mass media e su Internet senza conoscerlo minimamente.

Lo stoccaggio di questa tipologia di rifiuto viene effettuato in previsione di un definitivo immagazzinamento in siti artificiali o geologici stabili.

Attualmente in Italia i rifiuti radioattivi sono ubicati in 146 siti provvisori.

Sull’argomento è opportuno ricordare che non tutti i rifiuti radioattivi sono dovuti alla produzione energetica, ma provengono anche da ospedali ed industrie; la gestione degli stessi, pertanto, costituisce una necessità per tutte le nazioni moderne e non soltanto per quelle dotate di centrali nucleari.

Il discorso è molto diverso, evidentemente, per quanto concerne i rifiuti radioattivi dovuti agli armamenti nucleari, ma questo problema non ci riguarda in quanto l’Italia non fa parte dei Paesi dotati di armamenti di quel genere.

Attualmente il sistema giudicato migliore per la gestione di questa specifica tipologia di rifiuti è rappresentato dai siti artificiali o naturali geologicamente stabili nei quali confinarli, previa loro vetrificazione ed inserimento in appositi contenitori di acciaio a doppia parete rivestiti di rame.

Va sottolineato che le centrali di quarta generazione sono autofertilizzanti ossia riutilizzano i rifiuti a più alta radioattività, provenienti dai reattori delle generazioni precedenti, riducendone significativamente la quantità, trasformandoli quindi in risorsa.

In passato alcune nazioni, come la Gran Bretagna, utilizzavano il sistema di disperdere i contenitori in mare, sistema simile a quello utilizzato per anni dalla Svizzera che li gettava nel Lago Maggiore.

Recentemente, invece, era allo studio un sistema, sviluppato dal Prof. Carlo Rubbia, in fase di sperimentazione presso il Centro di Ricerca ENEA Casaccia, che avrebbe dovuto consentire di abbassare la radioattività di questi materiali, ricavandone al contempo energia, tramite il loro “bombardamento” con particelle cariche.

In parole povere, è come connettere un acceleratore con un impianto nucleare per la produzione energetica.

Purtroppo, tale ricerca non è stata più finanziata, ne dal Governo Prodi ne da quello guidato da Berlusconi, ne da quelli successivi ma viene portato avanti in altri Paesi.

Per correttezza, va sottolineato il fatto che, più si procrastina la scelta del luogo dove realizzare il sito e la sua successiva realizzazione, maggiori saranno i costi, fatto che ha permesso alla dott.ssa Gabanelli di scrivere sul Corriere della Sera che il nucleare è costoso in quanto anche i costi per lo smaltimento dei rifiuti è enorme.

Sul vero costo del nucleare, mi riprometto di affrontare la questione in un altro articolo.

Scorie radioattive
Dal Corriere della Sera 23 maggio 2019.

Trattamento Scorie Radioattive: situazione attuale in Italia.

Ma torniamo a discutere la problematica italiana attuale. Con esclusione di Italia e Grecia, tutti i Paesi occidentali hanno già scelto da tempo – e stanno preparandosi a renderlo operativo – un loro sito geologico nazionale.

D’altra parte le normative internazionali impediscono di esportare tali rifiuti in Paesi terzi se non per un loro ritrattamento, come peraltro fa anche l’Italia mandandoli a Sellafield in Gran Bretagna, ed in Francia.

Va aggiunto che a Cadrezzate, comune confinante con quello di Ispra dove è ubicato l’ex Euratom (ora Joint Research Centre), in provincia di Varese, è stato completato ed è operativo il sito per le scorie provenienti dai reattori del Centro stesso.

In Italia un gruppo di Ricercatori dell’ENEA, sulla base di una serie approfondita di studi svolti dal 1976 al 1989, aveva indicato ben 217 siti adatti a questo scopo. Per affrontare questa spinosa situazione, nel 1999, il Ministro dell’Industria Bersani del Governo D’Alema costituì un’apposita societàla Sogin – per lo più formata da specialisti provenienti dall’ENEA.

Quattro anni dopo, con la criticità raggiunta anche nel nostro Paese dal pericolo terroristico (e la conseguente preoccupazione di un possibile attentato in uno dei depositi sparsi sul territorio), l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Berlusconi, nominò come Commissario Straordinario di Governo il Generale Carlo Jean.

Successivamente, la Commissione Ambiente della Camera votò all’unanimità una risoluzione in cui si chiedeva al Governo di individuare il sito nazionale e poiché la procedura prevedeva il passaggio alla Conferenza Stato-Regioni, il Gen. Jean inviò alle Regioni un documento di avanzamento.

Un mese dopo i Presidenti delle Regioni restituirono il documento dichiarandosi disposti a prenderlo in considerazione unicamente nell’ambito di un confronto di discussione a tutto campo con il Governo. A questo punto il Governo diede mandato alla Sogin di andare avanti e questa, basandosi sui lavori di ricerca prodotti negli anni precedenti, indicò il sito al Governo.

Quest’ultimo, ai primi di novembre dello stesso anno (2003), indisse una riunione dei Ministri competenti, i quali, considerato che lo studio presentato era pienamente convincente sul piano tecnico-scientifico, decisero all’unanimità di emanare il Decreto Legge per metterlo in atto.

Tale Decreto fu scritto in maniera da assicurare le massime garanzie ma, purtroppo, senza prevedere un’adeguata informazione dell’opinione pubblica. Fu scelto il sito di Scanzano Jonico, in quanto dall’alto verso il basso, esso è caratterizzato da 300 metri di argilla seguiti da 300 metri di salgemma e da altri 300 metri di argilla, per cui i fusti sarebbero stati confinati a 900 metri di profondità sotto questi depositi.

La zona dove era ubicato il sito inoltre non presentava rischi di natura idrogeologica. Si è parlato invece di rischio sismico. Quello che non è stato detto è che, dopo il verificarsi del terremoto in Molise (che determinò numerosi danni, compreso il crollo di un’intera scuola uccidendovi i bambini che la frequentavano), le autorità si sono spaventate ed hanno preteso che tutto il territorio nazionale venisse inserito nella classificazione sismica, sia pure nella terza fascia.

Ma valutiamo cosa potrebbe succedere nel caso altamente improbabile che nel sito a suo tempo scelto si fosse verificato un sisma: l’argilla ed il salgemma sono materiali autosigillanti, quindi il peggio che poteva succedere è che a 900 metri di profondità tutto si autosigillasse e nessuno poteva più accedervi.

Comunque, in seguito alla sollevazione popolare che rifiutava un deposito nazionale a Scanzano Ionico, il Governo di allora ritirò il Decreto e dichiarò di prendersi un anno di tempo per ulteriori studi. Da allora sono passati 16 anni e, malgrado si siano succeduti vari Governi, nessuno ha avuto la volontà di risolvere la questione.

E’ necessario aggiungere che il problema è squisitamente politico: infatti, dopo aver terrorizzato la popolazione sul pericolo rappresentato dalla radioattività, ogni politico di qualsiasi schieramento è ben coscio che, in caso di scelta del sito del deposito, fra quelli indicati dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), non verrebbe più eletto!

Ovviamente, anche per non dover essere soggetti ad altre procedure d’infrazione da parte dell’UE per non aver rispettato gli impegni presi, è necessario arrivare in tempi ragionevolmente brevi ad una scelta.

Trattamento e confinamento delle scorie radioattive.

I rifiuti radioattivi devono essere confinati sino a quando la loro radioattività non arriva ad essere equivalente a quella del fondo naturale. Come ho spiegato nell’articolo “Radioattività ambientale e disinformazione”, pubblicato su questa testata, il decadimento radioattivo può avere tempi lunghissimi o brevi, e può essere altissima o bassa, a seconda degli elementi.

La normativa tecnica italiana, descritta nella Guida Tecnica n. 26 dell’ISPRA, classifica i rifiuti radioattivi in tre categorie:

  • 1a Categoria: comprende i rifiuti a bassa radioattività, che decadono in tempi relativamente brevi, ossia mesi o al massimo pochi anni. Questi provengono soprattutto da ospedali, industrie e laboratori di ricerca;  
  • 2a Categoria: decadono nel corso di alcune centinaia di anni. Provengono dai reattori nucleari, dal ciclo di trattamento del combustibile, dai reattori di ricerca, da ospedali ed industrie;
  • 3a Categoria: rifiuti che decadono in milioni o miliardi di anni. Comprendono il combustibile nucleare irraggiato, quello proveniente dal ritrattamento e il plutonio proveniente dai reattori.

Ovviamente, il trattamento delle tre tipologie è diverso:

  • quelli di 1a Categoria, dopo essere stati confinati il tempo necessario ad abbassarne la radioattività, vengono trattati come rifiuti ordinari;
  • quelli di 2a Categoria, vengono sottoposti a trattamento di compattazione quelli solidi, concentrazione quelli liquidi, quindi cementificati ed inseriti in serbatoi d’acciaio, successivamente vengono confinati in depositi superficiali o in caverne. Secondo la normativa internazionale, questi siti devono garantirne il completo isolamento per almeno trecento anni;
  • quelli di 3a Categoria, vengono divisi a seconda della tipologia. Quelli che decadendo emettono parecchio calore, vengono vetrificati, poiché in questo modo sono termicamente più stabili, e quindi inseriti in serbatoi d’acciaio a doppia parete rivestiti di rame per l’isolamento elettrico. Gli altri, cementificati ed inseriti nei serbatoi d’acciaio. Entrambe le categorie vengono confinate in strutture costruite con tecnologie volte a garantire la massima sicurezza.

Il deposito finale, che ogni Paese è tenuto a costruire, deve essere presso strutture geologiche o artificiali stabili, volte alla massima sicurezza ed alla massima durata nel tempo.

rifiuti radioattivi
Contenimento dei rifiuti radioattivi – Da internet.

Va aggiunto che, come più sopra brevemente delineato, i rifiuti della 3a Categoria possono essere validamente utilizzati per produrre ulteriore energia nei reattori di quarta categoria che sono, appunto, autofertilizzanti: in parole povere, sfruttano i rifiuti abbassandone ulteriormente la radioattività.

Le esigue quantità rimanenti dopo l’utilizzo nei reattori, possono essere resi inerti quando sarà ingegnerizzato il progetto di Rubbia, il cosiddetto Rubbiatron.

In pratica, in un futuro ormai prossimo, anche i più acerrimi avversari del nucleare, che ritengono non accettabile lasciare le scorie, sia pur confinate, in eredità alle generazioni future, non avranno più ragione di osteggiare la produzione energetica per mezzo della fissione dell’atomo!

Scorie radioattive: criteri per la scelta del sito.

A differenza dei rifiuti tossico/nocivi, quelli radioattivi diminuiscono nel tempo la loro pericolosità, fino a che il decadimento degli isotopi non si completi.

Tuttavia, il tempo di decadimento rende necessario confinarli in siti stabili ed in condizioni di massima sicurezza.

I criteri per la scelta della localizzazione dove deve essere costruito il sito sono stati stabiliti a livello internazionale dall’ONU/AIEA (Organizzazione delle Nazioni Unite/International Atomic Energy Agency) ed ulteriormente approfonditi in Europa dalla Commissione Europea.

Le linee guida emanate prevedono:

  • stabilità sismotettonica, assenza di corpi idrici e possibilità di isolare da fenomeni meteorologici e falde, caratteristiche chimiche e geochimiche tali da facilitare il contenimento di isotopi eventualmente dispersi;
  • caratteristiche del terreno tali da essere autosigillante e consentire facilmente la dissipazione del calore;
  • la topografia del sito dev’essere tale da garantire l’isolamento dalla biosfera e l’assenza di depositi minerari o comunque sottoponibili a sfruttamento, bassa densità della popolazione residente nei pressi del sito.
  • il deposito può essere artificiale, sia costruito in superficie che costruito in profondità, oppure naturale, ricavato cioè in siti geologici profondi, oltre i mille metri di profondità.

Questi ultimi sono adatti in special modo per i rifiuti di 3a Categoria. Come abbiamo illustrato più sopra, e come dimostrano i rilievi effettuati nei depositi già esistenti, il rischio e l’impatto ambientale che presentano è virtualmente pari a zero.

deposito geologico scorie radioattive
Esempio di deposito geologico profondo – Da Internet.

Leggi Anche: La gestione dei rifiuti solidi urbani

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Ettore Ruberti

Naturalista, giornalista scientifico. Professore di Biologia, Chimica, Fisica e Geografia fisica presso il Liceo Scientifico e Linguistico “Maroni” di Varese dal 1983 al 1989. Giornalista free lance, dal 1977, con collaborazioni con le seguenti testate: La Prealpina, Il Giorno, La Stampa, Inquinamento, Il Medico e il paziente, Oasis, Geodes, Migratori Alati, Le Scienze, Petrolieri d’Italia, Ambiente, ecc. Redattore da luglio 1988 a febbraio 1990 presso la rivista Acqua & Aria. Attualmente scrive, per conto dell’ENEA e come attività intellettuale su 21mo Secolo, MuseoEnergia, L’Eco dei Laghi, ecc. Collaborazioni con Enti ed Istituti di ricerca nel campo zoologico, in particolare inserito nel Gruppo di Lavoro Uccelli Migratori dell’Organizzazione Ricerche Ornitologiche dell’RGF dal 1978 al 2010, in cui curava anche l’informatizzazione e l’elaborazione statistica dei dati validati dall’INFS di Bologna e dall’IWT di Slimbridge. Partecipazione gratuita e svolta fuori dall’orario di lavoro, dal 2011, con la Fondazione Gianfranco Realini per la valorizzazione del territorio che si occupa di Zone Umide (paludi, canneti rivieraschi, torbiere, ecc.), in relazione alla possibile partecipazione (in collaborazione con due gruppi di lavoro dell’ENEA Casaccia) ad un progetto LIFE. Collaborazione con l’Università di Pavia, in seguito ad una richiesta ufficiale di quest’ultima all’ENEA, volta alla classificazione di Aracnidi ed Insetti. Collaborazione portata a termine. Collaborazioni con vari Editori per opere editoriali nei campi suddetti e per la referizzazioni di studi e ricerche. I campi in cui ha acquisito le maggiori competenze sono: Entomologia, Aracnologia, Erpetologia, Evoluzionismo, Gestione delle Risorse naturali, Fotografia e Cinematografia Scientifica, Microscopia (sia ottica che elettronica), oltre naturalmente all’elaborazione e gestione dell’informazione, sia a livello divulgativo che scientifico Dipendente dell’ENEA dal 9 aprile 1990, Assunto per concorso per assunzione in prova, con qualifica di giornalista scientifico (7° livello) (Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale – “Concorsi ed Esami” – n. 103 del 30 dicembre 1988) approvata dal presidente dell’ENEA con delibera n. 24/89/G del 21/12/89, cui si richiedevano almeno otto anni di esperienza nei settori giornalistico scientifico e didattico (provati con ampia documentazione), con graduatoria 95/100. Assunzione divenuta a tempo indeterminato dopo sei mesi (sempre al 7° livello). Inserito nella Divisione Relazioni Esterne, sede di Milano, si è occupato di diffusione dell’informazione, con interventi anche in ambito scolastico ed universitario, organizzazione di Convegni, Conferenze, ecc., spesso ha anche coadiuvato il personale della sede, in particolare Dr. Sani, Dr. Gavagnin, Prof. Bordonali, Sig. Griffini, Dr. Valenza, Prof. De Murtas. Ha pubblicato vari articoli sulla problematica relativa agli OGM sulla rivista “AgriCulture”, aprile 2003, su Migratori alati nel 2001, 2002, 2003, 2004, su La Padania nel 2005, 21mo Secolo.Dal 1991 segue le problematiche relative allo sviluppo dell’Idrogeno come vettore energetico, per conto della Divisione Tecnologie Energetiche Avanzate, che rappresenta ufficialmente al Forum Italiano dell’Idrogeno, inserito nel Consiglio Direttivo e all’AIDIC dove, dal 1993 al 1997, era stato costituito un gruppo di lavoro “CO2: riduzione, contenimento della produzione e riuso” che ha cessato la sua attività nel 1997. Nel contesto di questo incarico ha organizzato vari Convegni e tenuto Conferenze in Italia e all’estero, ha inoltre pubblicato vari articoli su riviste Scientifico-divulgative, tra cui: un articolo interno su “Le Scienze” (edizione italiana di Scientific American) del settembre 2000: “Idrogeno: energia per il futuro” N° 385, settembre 2000, pag. 90/98; un articolo concernente il sistema idrogeno sul numero monografico del 1996 dell’Organo ufficiale degli Ingegneri della Svizzera italiana, pubblicato come Atti di un Convegno sull’argomento; un numero, quasi monografico, di “Petrolieri d’Italia”, 2001; alcuni articoli su 21mo Secolo dal 1994 al 2006; ha inoltre effettuato vari interventi su televisioni italiane e svizzere; .ha partecipato, nel l’ambito del Forum, in qualità di Docente al Corso sulla sicurezza del sistema idrogeno, tenutosi nel 2002 presso l’Istituto Superiore Antincendio dei Vigili del Fuoco, sotto l’egida del Ministero degli Interni. E’ coautore del libro bianco sull’idrogeno “Linee guida per la definizione di un piano strategico per lo sviluppo del vettore energetico idrogeno”, scritto dai membri del Forum. Ha presentato, primo in Italia, un lavoro concernente l’utilizzo di nanotubi di carbonio per l’accumulo ed il trasporto dell’idrogeno (sotto forma di poster), al SolarExpo di Verona nel dicembre 2000. Nell’ambito degli incarichi portati a termine, ha seguito, per conto del Professor Umberto Colombo, gli sviluppi delle ricerche sulla Fusione Fredda, campo in cui ha anche pubblicato alcuni articoli, ed è in corso di stampa un libro che ha scritto sull’argomento. Lavorando in questo ambito, ha acquisito una significativa conoscenza della meccanica quantistica e dei fenomeni nucleari ed elettromagnetici nella materia condensata. Per questo motivo, nel 2004 è stato eletto Membro dell’International Society For Condensed Matter Nuclear Science. E’ Autore di diverse pubblicazioni concernenti la produzione energetica per mezzo della fissione dell’atomo ed i relativi problemi legati alla sicurezza ed all’impatto ambientale. Dal giugno 1996 al giugno 2010 Ricercatore nella Divisione GEM (1996-2001) e BIOTEC (2001-2010) inserito nel Board di Direzione, anche se ha continuato a dedicare una parte del tempo (valutabile al 20% del totale) all’idrogeno. In questo ambito ha lavorato in sinergia con il Professor De Murtas, con il quale collaborava anche precedentemente. Ha pubblicato, sulla rivista Energia Ambiente e Innovazione, n° 6/1997, una monografia sull’Evoluzione Biologica, campo in cui è uno specialista. Ha sviluppato una nuova ipotesi sul ruolo svolto da un debole campo elettromagnetico in argille di origine magmatiche (le montmorilloniti) nella formazione delle prime macromolecole biologiche, ipotesi che sta sottoponendo a verifica sperimentale. In particolare, la parte sperimentale sarà sviluppata presso il laboratorio del Dr. Francesco Celani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali di Frascati. Sta sviluppando un sistema per la riconnessione di tessuto nervoso reciso, attualmente sui Molluschi Gasteropodi Polmonati (Limax ruber), ma con l’obiettivo di applicarlo ai Vertebrati e, quindi, all’Uomo (si tenga presente che non vi è nessuna differenza rilevante fra il tessuto nervoso dei Molluschi e quello dei Vertebrati). Ha sviluppato, in collaborazione con il Prof. Brera (Rettore dell’Università Ambrosiana), un Progetto di ricerca (Progetto Against Malaria) volto all’interruzione del ciclo del Plasmodio che causa la malaria nel ciclo biologico delle Zanzare del genere Anopheles. Progetto per cui ha proposto all’ENEA una collaborazione. Insieme con il Professor De Murtas, nel 1977, ha scritto un libro sulla Biodiversità. Attualmente è impegnato ad una revisione della classificazione animale, ai livelli superiori, in relazione ai principi della Nuova Sintesi, con gli apporti derivati dalla biochimica (non cladista, di cui rifiuta la teoria, i metodi e le finalità); sta realizzando un atlante di Anatomia degli Insetti, per cui ha elaborato una nuova tecnica di lavoro. Relatore, nel 2011, di una Tesi di Laurea concernente l’utilizzo del Batterio Ralstonia detesculanense per il sequestro dei metalli pesanti. Tesi presentata presso l’Università La Sapienza di Roma da Laura Quartieri che si è laureata con un punteggio di 107/110. Tale tesi è stata in seguito oggetto di pubblicazione su una rivista della Elsevier. Dal ’97 Professore a contratto di Biologia generale e molecolare all’Università Ambrosiana. Dal 25 settembre 2012 con qualifica accademica di Licentia Docenti ad Honorem per merito di chiara fama nella disciplina. Associato alla Società Italiana di Scienze Naturali, alla Società Entomologica Italiana, alla Società Herpetologica Italica, alla Società Italiana di Fisica ed alla Società Italiana di Biologia Evoluzionistica di cui è Socio fondatore. In passato associato all’Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica e all’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani.

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