Lo snodo dall’assuefazione motoria attraverso la pratica Yoga.
Una delle scoperte più interessanti che può accadere di fare nel corso della pratica yoga è che le cose non sono sempre come la nostra percezione è abituata a rilevare. Se, ad esempio, siamo sicuri che in una data posizione la nostra schiena sia diritta, l’insegnante ci farà constatare che in effetti la nostra postura è arrotondata.
Se ci allunghiamo in rilassamento, siamo convinti che il nostro corpo abbia assunto una posizione simmetrica, ma se solleviamo la testa per constatarlo scopriamo di non esserlo affatto. E se, in piedi, durante una torsione, siamo convinti che la rotazione rispetti l’asse verticale del corpo, che la testa sia sulla stessa linea del bacino e dei piedi, ci viene fatto prendere coscienza che in realtà siamo fuori asse.
E così, quasi in ogni posizione che assumiamo, in effetti, esiste uno scarto tra ciò che la percezione rileva e lo stato reale delle cose.
Infatti, la nostra quotidiana pratica yoga è dominata dall’abitudine percettiva a cui il sistema è educato e di cui si appaga. La realtà è che viene considerato “normale” ciò che ripetiamo in continuazione e che non risveglia più la nostra attenzione. Ed ecco che accade che la nostra realtà si organizza intorno a questa normalità che, perpetuata, crea assuefazione.
Lo Yoga e il Sistema nervoso.
Il nostro sistema nervoso, a meno che non riceva segnali dolenti che provengono dalle aree interessate, ritiene giusta la postura assunta, allo stesso modo in cui considera giusto un nostro particolare stato d’animo che persiste, il ritmo con cui respiriamo, il ritmo con il quale si pensa o si parla.
Ed allora accade che ogni sforzo teso a correggere una posizione che noi percepiamo come normale incontra delle resistenze, soprattutto perché sforzarsi comporta rifarsi a modelli che consideriamo acquisiti anche se sono stati appresi in modo approssimativo e mai davvero verificati.
Ma esistono alternative ad un intervento volitivo per risvegliarsi dall’assuefazione?
La sfida principale che deve affrontare chi inizia a praticare yoga è quella di superare le difficoltà di coordinazione, che non possono essere risolte con l’aiuto della volontà, ancora più evidente quando si cerca di coordinare il movimento con il respiro. Nel corso della pratica possiamo scoprire nuovi modi per andare oltre l’assuefazione percettiva.
Impariamo a dare fiducia a ciò che si sperimenta. Esploriamo nuovi percorsi nella costruzione del gesto, nelle soluzioni posturali, nel radicamento, lasciamo che queste nuove informazioni si affianchino a quelle preesistenti. E nel momento in cui questa consapevolezza si è sufficientemente radicata in noi, si verifica un riassetto nell’organizzazione del movimento:
[… ] non si possono acquisire nuove consapevolezze senza esserne modificati almeno in parte. (J. Dropsy)
Se accogliamo nuove modalità di percorso modifichiamo in modo significativo la nostra visione e il nostro senso della realtà. Un nuovo ordine si manifesta attraverso la struttura del corpo come espressione di una più estesa e più ricca percezione, un nostro stato interiore che permette un rapporto con il gesto più essenziale, una sensazione di adeguatezza e di maggiore armonia che accompagna il gesto e lo segue.
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