C’è ancora domani: un’importante commedia popolare
C’è ancora domani: una Cenerentola negli anni ’40 italiani. “C’è ancora domani” è il film d’esordio alla regia di Paola Cortellesi in apertura del Concorso Progressive Cinema della 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma. Uscirà nelle sale italiane il 26 ottobre 2023. Paola Cortellesi fa il suo debutto nella direzione cinematografica con un […]
C’è ancora domani: una Cenerentola negli anni ’40 italiani.
“C’è ancora domani” è il film d’esordio alla regia di Paola Cortellesi in apertura del Concorso Progressive Cinema della 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma. Uscirà nelle sale italiane il 26 ottobre 2023. Paola Cortellesi fa il suo debutto nella direzione cinematografica con un film in bianco e nero che richiama il nostro cinema degli anni passati.
Trama del film.
Una Roma popolare della seconda metà degli anni ’40. Delia: una moglie, una madre, i ruoli che definiscono una donna nell’Italia del dopoguerra. Madre di tre figli e moglie di Ivano, gran lavoratore e carattere autoritario, anche se non pessimo come quello di suo padre Ottorino, che vive con loro. Tra i preparativi per il fidanzamento della primogenita Marcella e le confidenze con l’amica Marisa, l’arrivo di una lettera misteriosa fa capire a Delia che ci può essere una vita migliore.
Cast della pellicola.
Molto importante è la scelta del cast, totalmente romano. Gli attori, infatti, sono: Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli, Vinicio Marchioni, Giorgio Colangeli, Romana Maggiora Vergano, Francesco Centorame.
C’è ancora domani ha un doppio registro narrativo.
“C’è ancora domani” si concentra principalmente sull’abuso delle donne, raccontato in modo sobrio senza eccessi cruenti. La stessa Cortellesi, in conferenza stampa, ha spiegato: “Sebbene il film sia particolarmente realistico, non volevo rendere particolarmente realistica la violenza, tanto siamo abituati a vederla ai limiti dello splatter. Non volevo che questo argomento, così delicato da trattare, diventasse una sorta di voyeurismo del tipo ‘vediamo quanto je fa male, vediamo il naso e le ossa rotte’. Ci tenevo a raccontarlo come un rituale, che accade spesso, che Delia si racconta come qualcosa che appare e scompare, la realtà c’è, ma va anche via, perché lei se la lascia alle spalle, come niente fosse. Questo come niente fosse credo sia la cosa più violenta da mettere in scena”.
La regista, infatti, ha adottato due distinti stili di narrazione: uno formale e uno umoristico. In alcune istanze ha avuto successo nell’uso di entrambi, mentre in altre situazioni ha rischiato di cadere nella caricatura. Le conversazioni sono abilmente redatte e concepite, ma talvolta la loro eccessiva semplicità li rende meno coinvolgenti. La selezione musicale si rivela estremamente intrigante: alcune tracce, infatti, conferiscono forza alle situazioni, poiché si oppongono in modo netto. Al contrario, altre composizioni sottolineano con estrema precisione lo sviluppo dell’azione.
Rappresentazione di una donna vittima dell’uomo.
Delia è soggetta al controllo violento di suo marito Ivano. Si tratta di una donna che, per mantenere la pace e la serenità dei propri figli, tollera la violenza domestica quasi ogni giorno. La cineasta, infatti, ha detto: “Mi piaceva celebrare quelle donne che nessuno ha mai celebrato. C’era dentro di me forte un’immagine, quella di una donna che prende uno schiaffone sulla faccia e poi si risveglia e fa le sue cose, da ‘pora Cenerentola’, senza rendersene conto. C’era la voglia di raccontare le storie di quelle nonne e di quelle bisnonne che hanno dell’incredibile. Che si consumavano nel cortile, tutti insieme, con mariti che andavano e venivano dal fronte, donne che sono sempre state considerate delle nullità, loro stesse si sono sempre considerate così”
“C’è ancora domani” non si limita a esaltare la fragilità femminile, ma offre anche uno sguardo sulle invariate dinamiche di tre generazioni maschili nel corso degli anni. Valerio Mastandrea ha formulato questo concetto: “Da questo film si possono tirare fuori tante opinioni e obiezioni. Credo che l’unica differenza da ieri ad oggi, sia che le donne hanno molta più consapevolezza di certe dinamiche. Nell’uomo non vedo differenza. Penso che le generazioni che Paola ha scelto di raccontare, le ha raccontate anche per spiegare quanti alibi usa un uomo. Credo sia importante cominciare a raccontare anche un uomo più debole. Che non vuol dire perdente e che non abbia bisogno di mettersi una maschera con la quale poi fa quello che fa”.
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